domenica 29 dicembre 2013

Sulla tracotanza


questo post fa seguito ai cinque dedicati alla gola, pubblicati nelle settimane precedenti.

La tracotanza o superbia, è un altro dei peccati tenuti in gran considerazione dai padri della chiesa e da loro descritta nei testi della Filocalia. Personalmente mi sono avvicinato ad essa passando prima dalla lettura di un altro libro prezioso, "I racconti di un pellegrino russo"; poi, come già vi dissi, ho letto alcuni libri di J. Y. Leloup e dei coniugi Goettmann, e da quest'ultimi ho tratto alcuni brani.
In realtà il peccato della superbia è compreso nei "sette vizi capitali" della chiesa d'occidente, mentre nelle "otto passioni maggiori" della chiesa d'oriente si parla di "vanagloria" e "orgoglio": a queste due passioni sono dedicati questo post e i successivi.

La vanità o vanagloria ("cenodossia" in alcuni testi dei padri della chiesa) è il desiderio di essere visti o di farsi vedere. La letteratura patristica sostiene che il sentimento di vanità accompagna come un'ombra il progresso spirituale. Secondo Giovanni Cassiano è una reazione interiore , impercettibile e nascosta, che sfugge al controllo della nostra volontà; si maschera sotto infinite spoglie e si impadronisce di tutto, anche delle buone azioni. E' un bisogno insano di essere riconosciuti e lodati per ciò che si fa. L'ego pretende di essere sempre al centro di tutto, in ogni momento, punto di attrazione dell'attenzione di tutti. La persona vanitosa ama compiacersi del proprio aspetto, della propria voce, dei propri discorsi, delle proprie qualità, del proprio sapere...
Spesso è stizzito e infastidito dal fatto che gli altri non si accorgano per primi delle sue "straordinarie" doti.
Il vanaglorioso ama essere guardato e si placa solo quando percepisce l'ammirazione degli altri. Fa della propria vita una rappresentazione teatrale. Il suo io non è mai nudo, ma sempre protetto da una maschera, diversa a seconda delle occasioni. E questo, secondo i padri della chiesa, uccide a poco a poco la vitalità della persona, perché la recita è sempre una grande fatica per l'attore in questione.


H. Bosch (1450-1516) I sette peccati capitali
(Particolare: la superbia)


L'ego prende il posto di Dio.
Il vanitoso, in genere, ama la convivialità, perché il proprio narcisismo ha continuamente bisogno di specchiarsi negli altri per ricevere conferme. E sovente il vanitoso si circonda di persone che sono come lui, perché il vanitoso ha paura della diversità.
Tuttavia, quando incontra qualcuno che lo pone di fronte alla verità di se stesso, il vanitoso sente sbriciolarsi le proprie maschere e reagisce evitando le relazioni. Diventa arrogante, aggressivo, geloso e impacciato: l'unica via d'uscita è la fuga.

Il grande rimedio della vanità è di volgere lo sguardo da se stessi a Cristo e di fissare il suo volto a lungo e intensamente: "Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me" (Galati 2:20). Lo scopo della Preghiera di Gesù è proprio quello di aiutarci a ritrovare il nostro centro in Cristo. Quando preghiamo non cerchiamo più lo sguardo degli altri su di noi, ma ci lasciamo guardare da Cristo. Restiamo in attesa perché tutto ci viene da lui: "Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto?" (1° Corinti 4:7).
Il vanitoso impara a capire che le sue doti e le sue qualità non sono sue e quindi degne di ammirazione, sono solo dono di Dio, un regalo di cui essere solo grati. Così si libera l'uomo interiore. Quando si accorge di essere oggetto delle attenzioni premurose e continue del Signore, l'individuo non ha più bisogno di riconoscimenti esteriori.

Enrico D'Errico

continua nel prossimo post dedicato all'orgoglio